Qualche settimana fa mi è giunta interessante e piuttosto inattesa una dichiarazione di un politico in tv che diceva come non si possa parlare di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione senza considerare di rivisitarne i processi.

Questo tema dovrebbe in realtà coinvolgere tutti gli enti e organizzazioni, pubbliche e private, che si stanno approcciando alla digitalizzazione. Se quest’ultimo è diventato un tema ampiamente dibattuto in tempi recenti, quello dell’analisi di processo è ben più risalente in ambito delle scienze dell’organizzazione aziendale. Spesso però trascurato. Così facendo gli sforzi verso l’introduzione di strumenti digitali potrebbero risultare al di sotto delle aspettative se non del tutto fallimentari. Il rischio è mettere in piedi una conversione al digitale di processi datati e inefficienti o, peggio ancora, di digitalizzare anche gli sprechi, ovvero le ridondanze e le inefficienze. Il concetto di spreco ci rimanda all’approccio lean thinking nato in ambito manifatturiero ma applicabile anche ai servizi. L’approccio lean può essere utilizzato in fase di mappatura del processo attuale per individuare gli indicatori di performance, quali attività generano valore e quali no, le problematiche, puntando così a ridisegnare processi eccellenti e orientati al cliente.

Prima di intraprendere percorsi di digitalizzazione, ci dovrebbe essere una fase a monte che richiede di analizzare i processi dell’organizzazione, ovvero quell’insieme di attività concatenate tra loro che dovrebbero garantire la creazione del valore percepito all’esterno, dai clienti o dai cittadini nel caso della PA.

Attraverso l’analisi possono essere identificati ambiti di miglioramento in cui la digitalizzazione può giocare un ruolo importante proprio a supporto del processo ottimale atteso. Gli strumenti digitali dovrebbero essere considerati in quanto tali, ovvero strumenti a servizio della buona organizzazione, della semplificazione e dell’eccellenza operativa. Strumenti a servizio di processi definiti e ben progettati. Solo così la digitalizzazione può offrire tutto il suo potenziale. Ecco allora l’importanza di mettere in campo professionalità che non riguardano solo quelle IT ma che possano essere di supporto per analizzare i processi e ridisegnarli in ottica di snellimento e razionalizzazione, tenendo conto delle molteplici potenzialità che oggi la tecnologia ci offre. Progetti di miglioramento basati su processi rivisti e implementati in logica digitale, e non solo implementazione di tecnologie digitali su processi esistenti. Nel fare questo non andrebbe mai persa di vista la visibilità del cliente/cittadino, nella consapevolezza che il vero successo sarà determinato dai benefici che questi ultimi trarranno. Spesso accade invece che questo obiettivo venga perso di vista e che si lavori in ottica di ottenere benefici prevalentemente interni all’organizzazione, per sgravare i compiti degli operatori, perdendo di vista il processo nel suo complesso o senza valutare come, ridisegnandolo, i benefici attesi potrebbero essere amplificati.

Per ottenere buoni risultati bisognerebbe anzitutto tenere a mente che la qualità può essere fatta solo a monte, in fase di progettazione del processo e non può essere affidata a chi poi è chiamato ad intervenire su parti di esso. Arriviamo dunque a dire che la digitalizzazione non può prescindere dall’analisi organizzativa e che il miglioramento lo si ottiene riprogettando in primis i processi, attuati da persone che utilizzano strumenti (sempre più digitali).

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