Occupandomi di sviluppo di territori sono da sempre curiosa ad indagare quali sono le dinamiche che portano un territorio ad essere più attivo ed interessante di un altro.
Capacità imprenditoriale, visione politica, localizzazione geografica… tutti aspetti che sono necessari ma non sufficienti per rendere un territorio attrattivo.
Alessandro Garofalo, esperto di innovazione e creatività, nelle sue disamine legate ad innovazione e alla capacità delle organizzazioni di evolvere, ha individuato nella “coo-mpetizione” – la capacità delle organizzazioni, nei territori, di collaborare per competere – un fattore distintivo e vincente.
Ma cosa significa? Se si compete non si collabora. Ebbene no, non è così. In un mondo dove tutto è più Veloce, Incerto, Complesso e Ambiguo (acronimo VUCA) è fondamentale mettere a fattor comune le conoscenze perché come afferma Henry Chesbrough – padre dell’open innovation – “le conoscenze utili sono diffuse e non c’è nessuna azienda al mondo o organizzazione singola che abbia il monopolio sulle grandi idee”.
In un contesto culturale aperto, l’integrazione con reti e competenze esterne e la condivisione di esperienze differenti porta quindi a trovare soluzioni innovative per sé e per gli altri.
In un’intervista Julio Velasco – ex allenatore e oggi motivatore – ha parlato di “egoismo di gruppo” riferendosi alla sana ambizione che avevano alcuni giocatori nell’essere i migliori, nel raggiungere i propri sogni, il tutto trainando e stimolando l’intera squadra a “fare meglio”. In altre parole, saper collaborare per raggiungere un obiettivo che sia conveniente per sé e per gli altri.
Facile a dirsi un po’ meno a farsi mi sono detta. Lavorare in rete è particolarmente difficile in quanto l’uomo è diffidente (non per natura ma per cultura ed educazione) ma vi sono delle condizioni che favoriscono la nascita della collaborazione, vediamone alcune:
Chiarezza di ruoli e responsabilità. Determinare “chi fa che cosa” ed esplicitarlo non serve per trovare il colpevole nel caso in cui le cose vanno male ma è un modo per evitare perdite di tempo, sovrapposizioni e malumori;
– Individuazione di obiettivi comuni e principali, dettati e sintetizzati dal gruppo. Lo scopo è di definirne pochi e indicarne la scala delle priorità;
Definizione della tempistica per raggiungere gli obiettivi. Soprattutto se si collabora tra “sconosciuti” è necessario pianificare e definire degli step intermedi da raggiungere, al fine di condividerne i progressi e le eventuali difficoltà;
Fiducia. Quest’ultima va costruita, ha bisogno di tempo e di mettere da parte i pregiudizi ma soprattutto ha bisogno della volontà delle parti di mettersi in gioco e condividere le proprie conoscenze.
… “ma chi me lo fa fare?” La storia insegna che competere per il gusto di primeggiare porta a grandi disparità ed è insostenibile non tanto, forse, dal punto di vista economico ma sicuramente dal punto di vista sociale ed ambientale.
Un territorio dove si collabora per competere è attrattivo verso nuove imprese e nuovi talenti che ricercano quel tipo di approccio. È un territorio dinamico e sfidante dove nascono idee e dove il livello di benessere collettivo è mediamente maggiore. È un territorio dove, per le aziende, il fattore distintivo è la risorsa umana.
Nel turismo, probabilmente uno dei settori più competitivi che io conosca, le destinazioni più innovative delle Alpi si stanno ponendo l’obiettivo di costruire alleanze strategiche che vanno oltre la sfera turistica, perché “non si vende una camera ma si vende il territorio” … è quindi strategico COLLABORARE PER COMPETERE.

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