Anche per questa newsletter prendo spunto da un libro che ho letto nei mesi scorsi “21 Lezioni per il XXI secolo” di Yuval Noah Harari per condividere alcune riflessioni sulle evoluzioni che le tecnologie informatiche e biologiche[1] stanno portando nelle nostre vite, personali e professionali.

La storia degli esseri umani è sempre stata caratterizzata e accompagnata da narrazioni. Disporre di una narrazione è una condizione molto rassicurante. Pensiamo alle tre narrazioni che hanno caratterizzato la storia del XX secolo: la narrazione fascista, la narrazione comunista e la narrazione liberale.

Le narrazioni tradizionali, ed in particolare quella liberale, sono state messe in discussione e stravolte dalla rivoluzione tecnologica che sta cambiando tutti i paradigmi su sui si fondava il sistema socio-economico tradizionale.

Questo genera senso di disorientamento tra le persone, siano esse lavoratori, imprenditori, politici o genitori. Ciò comporta difficoltà nel comprendere le tecnologie, nel gestirle e, ancora di più, nel regolamentarne il loro utilizzo.

L’intelligenza artificiale sta, in numerosi ambiti, superando le abilità umane. Pensiamo a cosa potrebbe significare un governo che attende umilmente che un algoritmo approvi una riforma sulle tasse oppure come il diffondersi di criptovalute come i bitcoin potrebbero rifondare le basi del sistema monetario.

Se a questi che sono esempi di evoluzione tecnologiche di natura informatica aggiungiamo innovazioni nelle biotecnologie la situazione diventa ulteriormente complicata e disorientante. La rivoluzione portata dalle tecnologie biologiche potrebbe entrare in aspetti della vita “interiore” permettendoci, in qualche modo, di “ingegnerizzarli”.

Un ambito che rischia di essere particolarmente oggetto di innovazione e di cambiamento a causa delle tecnologie è il mondo del lavoro. Quale sarà l’assetto del mercato del lavoro nel 2050? Difficile dirlo.

Le tecnologie rischiano di “superare” le abilità dell’uomo sia sul piano fisico (automazione e robotica) sia sul piano cognitivo (intelligenza artificiale e tecnologie biologiche).

In alcuni settori, come i trasporti o l’assistenza sanitaria, l’avvento delle tecnologie informatiche e biologiche potrebbe portare dei benefici molto rilevanti in termini di efficacia, di efficienza e di riduzione dei rischi.

Sarebbe dunque una follia impedirne l’avvento.

La storia però ci insegna che gli esseri umani sono stati di gran lunga più bravi a inventare strumenti (sulla carta di estrema utilità e di interesse comune) che a utilizzarli con saggezza e questo, in un certo senso, mi preoccupa.

Sicuramente l’avvento delle tecnologie porterà alla scomparsa di alcuni lavori tradizionali (in ogni ambito, nessuno escluso) a fronte della creazione di nuove opportunità di lavoro.

Ma se questa è la prospettiva perché non possiamo pensare ad un mercato del lavoro futuro che vede una cooperazione tra umani e tecnologie anziché una situazione competitiva?

Il vero problema, a mio parere, non sarà la mancanza di opportunità di lavoro ma la tipologia di lavori disponibili. Le nuove professioni saranno tutte caratterizzate da competenze di livello elevato, da ambiti di specializzazione e da aggiornamenti continui per riuscire a stare al passo con le evoluzioni in corso. Il vero rischio lo corrono e lo correranno le figure professionali poco specializzate la cui domanda, sul mercato del lavoro, crollerà.

In questo contesto di profonda trasformazione del sistema socio-economico complessivo, non ci resta che cercare di creare una nuova narrazione, aggiornata rispetto alle evoluzioni del mondo contemporaneo che tenga conto delle innovazioni che le tecnologie informatiche e biologiche stano portando. Questo dovrà essere accompagnato da nuovi modelli sociali e politici adatti ed in grado di rispondere ai nuovi bisogni che le comunità esprimeranno.

Oggi in un certo senso siamo ancora “in mezzo al guado”, nella consapevolezza che i vecchi modelli e le vecchie narrazioni non sono rispondenti al presente ma siamo ancora in assenza di una nuova narrazione codificata da abbracciare che ci dia serenità e sicurezza.

E in questa situazione l’autore Harari invita tutti noi ad adottare un atteggiamento “perplesso e umile”, capace di una visione più lucida rispetto ad atteggiamenti saccenti o disfattisti che potrebbe invece portare ad una visione catastrofica del sistema.

Credo proprio che la capacità di metterci in discussione, di ammettere la nostra fatica a comprendere le evoluzioni che con una velocità sorprendente stanno caratterizzando il nostro tempo (l’intelligenza artificiale, i big data, le biotecnologie) e contemporaneamente la ricerca e la curiosità  di approfondire queste tematiche, di saperne cogliere le opportunità che possono generare per i singoli e per le comunità siano gli atteggiamenti giusti che ci possono permettere di affrontare con serenità e ottimismo il futuro.

[1] Ovvero qualsiasi applicazione tecnologica che utilizza sistemi biologici, organismi viventi o loro derivati, per realizzare o modificare prodotti o processi per un uso specifico (fonte:  Convenzione sulla diversità biologica)

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