Durante le vacanze di Natale ho letto “Dieci cose che ho imparato”, ultimo libro di Piero Angela pubblicato postumo, Edizioni Mondadori.

È stata una lettura sorprendente.

Dopo la scomparsa del grande divulgatore scientifico, mi è capitato di ascoltare o leggere diverse testimonianze di persone che lo conoscevano direttamente. In una di queste, Piero Angela è stato ricordato come una persona lucida e acuta, che era in grado di dire cose vere, dure, a volte anche spiacevoli per chi ascoltava, perché evidenziavano problemi irrisolti o criticità gravi…ma sempre con un garbo e un’apertura mentale straordinari.

Noi telespettatori, che abbiamo avuto la fortuna di poterlo conoscere e stimare per la sua attività di divulgazione, magari abbiamo colto solo un lato di questa descrizione, ovvero il modo appassionato, composto, lucido e semplice con cui discorreva mentre ci introduceva nel mondo delle scienze.

In questo libro Piero Angela lascia un testamento al Paese, attraverso la lettura delle tendenze che emergono in diversi ambiti: produttività economica, innovazione, ricerca scientifica, istruzione, demografia.

Ed è una lettura durissima (ma garbata).

Ha detto tutto quello che doveva dirci, senza omissioni, senza indorare la pillola, lasciando però aperte le conclusioni. Poi se n’è andato. Trovo ammirevole come abbia svolto la sua missione personale fino alla fine, con successo.

Ecco la fotografia del nostro Paese, che Piero Angela ci presenta, dati alla mano:

  • Siamo primatisti nello scaricare sul debito pubblico le spese di promesse elettorali senza copertura
  • Siamo primatisti nell’evasione fiscale
  • In base al report annuale della Banca Mondiale sulla “facilità di fare impresa” nei vari paesi, cioè sull’esistenza, o meno, di condizioni favorevoli che inducano un investitore ad avere fiducia in quel paese, l’Italia, nel 2021, si è piazzata al 58° posto, perdendo 12 posizioni in 3 anni. Siamo dietro a tutti i paesi europei, ma anche dietro alla Malaysia (12°), alla Thailandia (21°) e al Rwanda (38°)[1].
  • Le nostre imprese sono troppo piccole, frammentate e non riescono quindi investire in ricerca e innovazione (o non trovano stimoli per farlo)
  • La pubblica amministrazione è inefficiente, la giustizia civile è lenta e sulla macchina pubblica grava ancora il vizio della corruzione
  • La forza lavoro non è quella più adatta a un paese moderno. Per esempio, la disoccupazione fra i laureati nella fascia di età 25-39 anni è dell’8-13%, contro il 2-4% in Germania. Una delle cause è l’eccesso di lauree in discipline artistiche, umanistiche e in scienze sociali, che sono il doppio in Italia rispetto alla Germania
  • Spendiamo l’1,3% del PIL in ricerca e sviluppo contro una media del 2% del resto dell’Unione europea. Anche qui siamo fanalino di coda in Europa
  • Il DESI (Digital Economy and Society Index) che, in breve, misura i progressi della digitalizzazione nella società (e quindi la capacità di utilizzare le nuove tecnologie), ci vede quart’ultimi in Europa (prima di Polonia, Bulgaria e Romania) e sempre nelle ultime posizioni se consideriamo l’utilizzo di Internet a banda larga
  • Nei Test sul rendimento scolastico, Pisa 2018, che misurano la performance dell’istruzione nei 79 paesi OCSE, l’Italia è non solo lontanissima dai primi in classifica in ambiti chiave come “lettura e comprensione di un testo”, “matematica” e “scienze”, ma anche al di sotto della media.
  • L’Italia ha uno dei più bassi indici in Europa per la lettura dei quotidiani e secondo l’ISTAT solo il 41,4% degli italiani di più di 6 anni ha letto almeno un libro nel 2020
  • Stiamo affrontando in Italia la crisi demografica più grave dalla prima guerra mondiale, e una delle principali cause è lo scarso sostegno che le nuove famiglie ricevono. In Europa questi gli aiuti alle giovani coppie rappresentano il 9% della spesa sociale, in Italia solo il 6% (nel nostro paese si spende molto di più per le pensioni: il 60% della spesa sociale contro il 45% in Europa).

Significativo che una delle principali cause, per Piero Angela, sia la mancanza di cultura scientifica e matematica nel nostro Paese. Una cultura in grado di produrre (anche) dei tecnici o degli innovatori, ma che non sia appannaggio di pochi eletti. Soprattutto, una cultura in grado di farci convivere con la complessità sempre maggiore del nostro mondo, che scopriamo sempre più interconnesso nelle (e tra le) sue componenti naturali, tecnologiche e sociali. “Gli inquinamenti” scrive Piero Angela “non sono soltanto quelli dei gas serra, ma sono soprattutto quelli dovuti alla difficoltà (e a volte all’incapacità) di gestire sistemi complessi”.

Non si vede quindi nulla di simile a quella coscienza ecologica che si è – per fortuna – manifestata riguardo ai temi ambientali: per Piero Angela siamo ancora lontani dall’“ecologia tecnologica”.

Per citare l’autore: “Non si è formata la consapevolezza del ruolo che ha questo nuovo ecosistema, determinante per lo sviluppo del paese. Non c’è stata (e continua a non esserci) una vera elaborazione culturale su questi temi, un approfondimento di idee, un fermento di iniziative e di proposte, un coinvolgimento dell’opinione pubblica, dell’informazione, della scuola, della televisione. Quindi il tipo di cultura di cui stiamo parlando non si identifica con certe categorie tradizionali, ma piuttosto con l’assenza di un pensiero moderno che sappia fertilizzare trasversalmente la politica, l’economia, l’informazione, la televisione (e la stessa cultura). Così come avviene per i problemi ambientali”.

Per questo stiamo partecipando alla competizione internazionale con una vecchia utilitaria. Solo che noi, come proprietari affezionati e poco pratici di motori, la reputiamo ancora un’auto tutto sommato prestante. Per quanto tutte le spie di emergenza abbiano già iniziato ad accendersi…

L’ultimo capitolo del libro si intitola “Peccato…”.

È il sospiro amaro del divulgatore che lascia un Paese privo di cultura. Di una persona di 93 anni appassionata di scienza e tecnologia che ha visto il boom economico, l’Italia paese pioniere nel nucleare e nell’informatica e che la confronta con il deserto dell’innovazione attuale.

Ma Piero Angela ci ricorda che nulla è perduto. Ci lascia in mano la penna con cui continuare a scrivere questa storia. Anche se lui, forse, come metafora, preferirebbe uno smartphone.

Un piccolo passo che posso consigliare a chi volesse avvicinarsi a una cultura di “ecologia tecnologica” – naturalmente oltre alla lettura del libro di Piero Angela di cui ho parlato – è il mondo TED: brevi video di discorsi di esperti in campi come tecnologia, scienze, informazione, design fruibili gratuitamente dall’omonima app o via web. Come inizio suggerisco proprio un TED talk di Piero Angela su innovazione e politica.

[1] Si tratta di un indice calcolato tenendo conto di 10 aspetti che possono favorire o sfavorire il mettere in piedi un’attività imprenditoriale (come per esempio chiedere permessi, assumere lavoratori, ottenere credito, registrare una proprietà, facilità nel pagare le tasse, far rispettare i contratti, procedure per il fallimento, ecc.).

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