I fattori chiave a sostegno dell’autogestione delle organizzazioni

In un momento storico che ha accelerato verso trasformazioni dirompenti dal punto di vista delle tecnologie, delle connessioni all’interno di ecosistemi organizzativi complessi, delle opportunità associate alla capacità di adattamento e innovazione espressa dalle aziende, gli esperimenti organizzativi orientati all’autogestione e al decentramento radicale ripresi in considerazione dal mainstream, hanno riportato in auge le riflessioni attorno ai possibili vantaggi associati a un’evoluzione verso questo tipo di organizzazione.

Queste spinte hanno stimolato in questi anni nuovi esperimenti nella direzione del decentramento dell’autorità, sia diminuendo il numero di livelli di autorità formale (cioè “appiattendo” l’assetto organizzativo) sia creando una distribuzione più omogenea delle responsabilità tra i livelli gerarchici esistenti a livello di unità operative, gruppi di lavoro o funzioni organizzative. Man mano che questi esperimenti concreti di organizzazione meno gerarchica si sono realizzati ed hanno acquisito notorietà, molte aziende hanno scelto di fare un passo ulteriore, non limitandosi a rovesciare o rileggere la struttura gerarchica secondo logiche nuove, ma tentando di discostarsene del tutto, interrompendo la relazione verticale tra ruoli subordinati e sovraordinati, che è alla base del paradigma della gestione manageriale tradizionale (di “predizione e controllo”), in favore di un modello sociale, orientato alla creazione delle condizioni favorevoli per l’apprendimento e l’innovazione e a presidiare le evoluzioni nel tempo del contesto.

Diverse combinazioni delle componenti che caratterizzano tali paradigmi di creazione di una visione condivisa mediante processi sociali sono riconoscibili all’interno delle organizzazioni che si avvicinano ai modelli meno gerarchici ed oggi da più parti richiamati, quali teal organization, Halocracy, humanistic management, democrazia organizzativa, eccetera. Seguendo la riflessione proposta da F. Laloux (Reinventing organizations, 2014), la comparsa di sempre più casi simili in diversi contesti geografici, circostanze, settori produttivi e tipologie di organizzazione ha nel tempo reso più evidenti alcuni fattori critici di successo dei diversi percorsi di transizione delle aziende verso modelli organizzativi meno gerarchici, più autogestiti e più orientati alle persone.

Un interessante articolo di Lee e Edmondson (Self-managing organizations: Exploring the limits of less-hierarchical organizing, 2017) utilizza la definizione di “organizzazioni autogestite” (Self-Managing Organizations – SMO) per identificare quegli elementi organizzativi che accomunano alcuni degli esperimenti meglio riusciti di decentramento radicale dell’autorità in modo formale e sistematico all’interno di tutta l’organizzazione.

A fronte di questa analisi emergono tre caratteristiche fondamentali delle organizzazioni basate sulla piena autogestione ai diversi livelli

    1. Decentramento radicale dell’autorità: Le organizzazioni autogestite evitano la dinamica dell’esercizio di “autorità su” eliminando il ruolo manageriale così come nella struttura gerarchica tradizionale. L’eliminazione del ruolo formale di “manager” non significa che le organizzazioni autogestite siano prive di funzioni di coordinamento. Tuttavia, nelle SMO, queste funzioni sono formalmente distribuite agli individui in modo non permanente, non vincolato e non associato ad un livello gerarchico, ma finalizzato a spostare l’organizzazione da sistema “ad una mente” a sistema “a molte menti”, favorendo processi decisionali basati su intelligenza distribuita, inter-connessa e auto-motivata, per una sempre migliore capacità di comprensione della complessità.
    2. Sistema formalizzato: Il secondo elemento che caratterizza un’organizzazione autogestita è un sistema formale che codifica il modo in cui l’autorità è decentrata nell’organizzazione attraverso un insieme di regole o principi espliciti. L’autorità non è quindi delegata solo attraverso un accordo informale tra manager e loro subordinati, né esclusivamente attraverso una cultura che promuove o celebra l’empowerment dei dipendenti. Un sistema formale di decentramento è importante perché la struttura manageriale gerarchica è una forma di organizzazione altamente istituzionalizzata, che non può essere modificata dichiarandone semplicemente l’assenza o affidandosi alla discrezionalità del management. Se l’attivazione e la partecipazione delle persone è lo strumento per “complessificare” un’organizzazione perché risponda sempre meglio alle esigenze di oggi, tale spazio di azione e partecipazione deve essere promosso in maniera esplicita dal sistema organizzativo e allo stesso modo tutelato.
    3. Trasversale a tutti i livelli dell’organizzazione: a differenza delle esperienze dei team autogestiti, del management partecipativo o delle iniziative di empowerment dei dipendenti, il decentramento in un’organizzazione autogestita non è limitato a un insieme di team, né ai dipendenti di un determinato livello. L’autorità formale è assegnata in modo coerente all’interno dell’organizzazione e non consente a un individuo sovraordinato di condizionare o revocare gli ambiti di autonomia di un altro a propria discrezione.

Se è vero che molte organizzazioni di piccole dimensioni con cui lavoriamo presentano una struttura organizzativa schiacciata, poco strutturata gerarchicamente e con un’ampia sovrapposizione di ruoli e ambiti di intervento, in molti casi questo assetto non corrisponde a realtà orizzontali, fluide e orientate all’autogestione. Per sostenere questo orientamento appare necessario strutturare un sistema organizzativo, che dovrà definire un modello di decentramento dell’autorità, formalizzandolo e diffondendolo a tutti i livelli.

I modelli di riferimento individuati si dovranno poi adattare alle specificità dei diversi contesti organizzativi in relazione al meccanismo di coordinamento scelto, alla fonte di autorità (impersonale come le regole e i ruoli formali oppure a carattere personale come lo status o l’influenza sociale) e all’unità organizzativa primaria a partire dalla quale costruirli (livello individuale, di gruppo di lavoro o di unità operativa, …). A prescindere dalla loro declinazione specifica, la definizione di criteri condivisi da tutta l’organizzazione e la loro messa a sistema, in ogni caso, rappresentano i meccanismi qualitativamente più solidi e le migliori garanzie di continuità di queste esperienze ed esperimenti organizzativi.

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