Dal Dipartimento del Governo costruito ad hoc ai fondi del PNRR: qual è la posizione del nostro Paese in termini di trasformazione digitale?
Negli ultimi anni si sente sempre più parlare di “trasformazione digitale”, termine che indica quell’insieme di misure che devono essere adottate in campi tecnologici, organizzativi, sociali e culturali al fine di applicare nuove soluzioni digitali per le aziende pubbliche e private.
In Italia, nel giugno del 2019 è stato istituito il “Dipartimento per la trasformazione digitale”, con l’obiettivo di promuovere l’innovazione e la digitalizzazione dei servizi pubblici e non. Alcuni progetti portati avanti da questa struttura sono sicuramente di rilievo, si pensi allo SPID (Sistema pubblico di identità digitale), che ad oggi conta quasi 35 milioni di identità erogate, al sistema di pagamenti digitale pagoPa o ancora ad altri servizi pubblici come il Fascicolo sanitario elettronico (FSE) o l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR).
Per continuare e rafforzare questo processo, il PNRR ha messo a disposizione 6 miliardi di euro destinati a trasformare la PA in chiave digitale.
Infatti, il Digital Maturity Indexes ha classificato l’Italia solo diciassettesima tra i 27 paesi dell’Unione Europea per quanto riguarda i “fattori abilitanti della trasformazione digitale” e lo stesso istituto pone la nostra nazione ventitreesima per “digitalizzazione”. La causa principale di queste posizioni è data dalla grande eterogeneità del digitale nel nostro Paese, sia da un punto di vista settoriale che, soprattutto, da un punto di vista geografico. I piani strategici dei vari territori risultano infatti ancora non allineati tra loro e spesso le risorse sono gestite a livello locale, costringendo le regioni a individuare le problematiche interne per cercare di limare le differenze sia con le altre aree dello stivale, che con il resto d’Europa.
Secondo le ultime note di Bruxelles è però evidente un cambiamento. L’Italia è infatti uno dei Paesi più avanti nella realizzazione degli interventi prefissati dal Piano Nazionale Ripresa Resilienza, il 17% degli obiettivi finali è stato già completato (Spagna e Francia hanno raggiunto solo il 10% e 15 Paesi, tra cui la Germania, sono ancora fermi a quota 0). Gli investimenti strizzano l’occhio principalmente alla trasformazione digitale della pubblica amministrazione, al rinnovamento del sistema giudiziario e spingono al rafforzamento di quello sanitario attraverso le nuove tecnologie.
Nonostante ciò per il DESI (Digital Economy and Society Index) siamo ancora una delle nazioni europee con più difficoltà nella diffusione di competenze digitali e nella rivoluzione tecnologica della Pubblica Amministrazione.
Emerge invece un buon miglioramento per quanto riguarda la connettività e la digitalizzazione delle imprese.
Analizzando le PMI, si evince che nel 2022 il 69,9% adottava almeno 4 attività digitali su 12 (dato in linea con la media europea) e che in generale le imprese italiane usavano sempre di più il web. Rispetto al 2019 la quota di PMI nelle quali nell’anno 2022 più del 50% degli addetti hanno accesso a Internet per scopi lavorativi è aumentata quasi del 23%, eguagliando i tassi di crescita delle grandi imprese.
Un dato su cui porre attenzione riguarda il capitale umano: solo il 46% delle persone possiede competenze digitali di base, dato sotto la media europea e che viene affiancato al fatto che in interi settori vi è una forte resistenza culturale alla digitalizzazione dei processi.
Per quanto riguarda invece le famiglie italiane in generale, l’ultimo report Istat sull’utilizzo delle tecnologie della comunicazione dell’informazione (Ict) da parte delle famiglie e degli individui, mostra che il tasso di diffusione di internet tra i nuclei famigliari è in linea con la media europea e che negli ultimi tre anni i divari territoriali si sono progressivamente attenuati.
Complessivamente, la digitalizzazione del nostro Paese mostra punti di forza e di debolezza. I passi che l’Italia sta affrontando e che affronterà nell’immediato futuro saranno fondamentali per la crescita e per lo sviluppo tecnologico e segneranno importanti effetti sull’Agenda Digitale, i cui obiettivi europei sono fissati al 2030.
È necessario quindi proseguire sulla strada dell’innovazione di progetti di trasformazione digitale e continuare ad aumentare gli sforzi per ampliarla in quei settori o territori in cui ancora manca, per rendere l’Italia in linea con gli standard europei e in generale al passo con l’innovazione digitale.