Dal nido d’infanzia alle nuove tecnologie digitali: il Garante per la protezione dei dati personali torna a far parlare di sé con una serie di decisioni che toccano da vicino famiglie, cittadini e istituzioni. La newsletter del 10 settembre 2025 racconta in particolare di un caso legato ai minori ed estremamente esemplificativo per quanto riguarda la tutela dei diritti nell’era digitale.

L’autorità italiana preposta alla tutela dei dati personali ricorda ancora una volta come non si possa prescindere dalla richiesta del consenso delle persone interessate per l’acquisizione e/o pubblicazione di materiale multimediale. Innanzitutto è bene ricordare la differenza essenziale tra basi giuridiche e finalità. Le basi giuridiche, infatti, sono a numero chiuso e rappresentano ciò che legittima i titolari del trattamento all’utilizzo stesso dei dati raccolti (siano esse informazioni o immagini). L’articolo 6 GDPR elenca con chiarezza quali sono le possibili basi giuridiche alle quali fare riferimento, nell’ordine: il consenso della persona interessata, l’esecuzione di un contratto sottoscritto tra le parti, l’esecuzione di un obbligo legale, la tutela degli interessi vitali della persona interessata, l’interesse Pubblico o l’esercizio di Pubblici Poteri ed infine il legittimo interesse, categoria residuale.

Una volta individuata, se presente, la base giuridica legittimante il trattamento dei dati, si dovranno indicare le finalità, che maggiormente descrivono le attività del titolare stesso. A differenza delle finalità pertanto, la base giuridica di riferimento è a volte indicata espressamente dalle norme, come nel caso della raccolta e dell’utilizzo di foto: esse potranno essere legittimamente trattate solamente a seguito di acquisito consenso della persona interessata, mentre le finalità (purché negli ambiti della legalità) potranno essere le più disparate, a seconda delle attività svolte dal singolo titolare del trattamento. Ulteriore elemento da attenzionare, tuttavia, sono i limiti che le norme stesse impongono all’utilizzo di certe basi giuridiche. Sempre prendendo ad esempio la base giuridica del consenso, il Garante stesso ha più volte ricordato che detta base giuridica non possa essere utilizzata nel rapporto lavorativo (in cui invece si dovrà fare riferimento all’adempimento contrattuale) poiché un consenso richiesto da un datore di lavoro ad un/a dipendente rischia di essere viziato da uno squilibrio di potere. La stessa cosa vale per un consenso richiesto per trattamenti il cui numero risulti non equilibrato rispetto alle finalità e pertanto rischi di mettere in pericolo le persone interessate.

La scelta della base giuridica pertanto è essenziale e qualora risulti non corretta, è facile incorrere in sanzioni: è il caso, per esempio di un asilo nido è stato multato infatti per 10mila euro dopo che aveva pubblicato sul sito e su Google Maps le foto dei bambini; a ciò si aggiungeva il fatto che le telecamere installate all’interno registravano tutto, senza rispettare la legge.
Il Garante è stato chiaro: la dignità dei minori viene prima di tutto, e il consenso dei genitori non può giustificare la diffusione di immagini così delicate, soprattutto se richiesto come condizione per l’iscrizione.

Il provvedimento del Garante contro l’asilo nido non è stato solo una questione formale: le violazioni accertate sono state considerate gravi e ripetute, tali da mettere a rischio la riservatezza e la dignità dei bambini più piccoli, dai 3 ai 36 mesi. Durante l’istruttoria è emerso che l’asilo aveva pubblicato, sia sul proprio sito che sul profilo Google Maps, numerose foto dei bambini in diversi momenti della giornata. Non si trattava solo di attività didattiche, ma anche di situazioni estremamente delicate e private: il sonno, la mensa, l’uso del bagno, il cambio del pannolino e persino massaggi infantili.
Per il Garante, immagini di questo tipo avrebbero dovuto rimanere strettamente riservate, e la loro diffusione sul web esponeva i minori al rischio concreto di riutilizzo da parte di malintenzionati, con possibili conseguenze gravi.

Punto critico è stato proprio il consenso imposto ai genitori. Per iscrivere i propri figli, infatti, le famiglie dovevano accettare che le immagini venissero raccolte e usate dall’asilo. In caso contrario, l’iscrizione sarebbe stata impossibile.
Secondo il Garante, un consenso dato sotto questa forma non può essere considerato né libero né consapevole, e dunque non valido ai fini della legge. Infine, il sistema di videosorveglianza installato all’interno della struttura era acceso anche durante le attività educative, riprendendo non solo i/le bambini/e ma anche insegnanti, genitori, fornitori e visitatori/trici.
Il tutto senza rispettare le regole previste dallo Statuto dei lavoratori e dalla normativa privacy, che richiedono specifiche garanzie e accordi sindacali per l’uso delle telecamere.

Alla luce di queste violazioni, il Garante ha ordinato:

  • lo stop immediato alla diffusione online delle immagini,
  • la cancellazione delle foto già pubblicate,
  • e una sanzione amministrativa da 10mila euro.

Il messaggio è chiaro: la promozione di un asilo non può assolutamente passare attraverso l’esposizione dei/delle bambini/e online, soprattutto in contesti così intimi, convertendo un diritto all’immagine in pubblicità per terzi.

Pertanto vediamo come sia chiaro che per legittimare un trattamento di dati non basta una scelta e successiva applicazione di una base giuridica, ma è sempre necessario approfondire l’interpretazione normativa della stessa, operare un bilanciamento di interessi tra il titolare e la persona interessata ed una valutazione di tutte le finalità coinvolte.

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